Shtisel, l’algoritmo di Netflix ha fatto centro.
Chissà come ha fatto l’algoritmo di Netflix a consigliarci una serie TV incentrata sugli ebrei ultra ortodossi. Non abbiamo simpatia per nessun tipo di estremismo, in particolare per gli estremismi religiosi. La serie richiede anche una certa attenzione, è disponibile solo in lingua ebraica con i sottotitoli. Non ci sono delitti, non ci sono misteri. Niente sesso, sangue o soldi (le famose tre “S”). Eppure funziona. Mi sono divorato la prima serie in tre giorni guardando quattro puntate a sera. Ammaliato da storie minime in un mondo dove esistono i sensali di matrimonio, dove i corteggiatori e persino le coppie di fidanzati non si sfiorano neanche con un dito.
Evito di raccontare la trama per timore di banalizzarla ma anche perché è difficile riassumere una storia così piena di sottointesi. Ci è venuto persino il dubbio che il fascino stia nelle mille cose che non comprendiamo o comprendiamo molto vagamente.
Sappiamo che gli ultra ortodossi in Israele sono fortemente antisionisti. Per loro l’esistenza stessa dello Stato di Israele è una grande eresia. Stanno a Gerusalemme perché quella terra è sacra ma Israele dovrebbe realizzarsi solo dopo, l’arrivo del Messia. Così dicono le scritture. Nella scuola il rabbino/preside proibisce che i bambini vadano in cortile a vedere il passaggio degli aeroplani il giorno della festa nazionale.
La serie segue le vite di Shulem Shtisel (l’attore Dov Glickman), il patriarca di Shtisel e un rabbino locale, così come quelle degli altri membri della sua famiglia. Shtisel è ambientato in un quartiere Haredi di Gerusalemme, senza Internet. La comunità segue le rigide usanze Haredi e la violazione delle norme spesso causa il caos all'interno della famiglia.
Consigliato fortemente.
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